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spettacolo LI ROMANI IN RUSSIA
il 12 Marzo 2011 - Segnalato da bizzio info:
Palestrina (Rm)
Teatro Principe
Sabato 12 marzo 2011 - ore 21.00
INGRESSO LIBERO
con il patrocinio della Regione Lazio
L’Associazione Culturale Gruppo Logos
nell’ambito del progetto culturale “Le lingue der Monno”
presenta
LI ROMANI IN RUSSIA
di Elia Marcelli
adattamento di Marcello Teodonio
con Maurizio Mosetti e Marcello Teodonio
regia
Maurizio Mosetti
Palestrina (Rm)
Teatro Principe
Sabato 12 marzo 2011 - ore 21.00
ingresso libero
LO SPETTACOLO
Su un palco essenziale, lo spettatore viene accompagnato all’ascolto e alla conoscenza di questo capolavoro della poesia e della memoria. Il professore introduce, spiega, sintetizza; l’attore interpreta le ottave nel rigoroso rispetto della cronologia e del dettato del poema nelle sue articolazioni di stile: narrativo, lirico, comico, drammatico, tragico. Intanto scorrono immagini di quella disperata impresa che sottolineano i passaggi dei vari momenti del racconto.
IL POETA
Tra il 1939 e il 1943 Elia Marcelli (Roma, 1915-1998) partecipa a quattro campagne di guerra come sottotenente di complemento: Francia, Jugoslavia, fronte greco-albanese e Russia. Ferito e invalido di guerra, è insignito della croce al merito di guerra e decorato al valor militare. Una volta tornato in patria, Marcelli lavora per lasciare la testimonianza della propria esperienza nella guerra di Russia (che costò la vita a più di 200.000 ragazzi italiani), e lo fa con lo strumento che più gli sembra vicino a esprimere la verità: il dialetto, il suo dialetto romano colloquiale e schietto, l’unica lingua capace di raccontare fino in fondo l’immane tragedia di quella vicenda. Così nasce il poema Li Romani in Russia, che ricostruisce, con la forma tipica del genere epico, e cioè le ottave classiche, la campagna di Russia, e che rappresenta una delle opere più importanti della letteratura in romanesco della seconda metà del Novecento.
IL POEMA
Gli episodi che si susseguono nell'incalzante racconto sono quelli di un'epopea tragica nella quale poi anche il "nemico" soffre delle medesime terribili situazioni: fame e freddo, paura e violenza (e proprio il freddo e la paura sono le sensazioni che rimangono più vive nella memoria del lettore); ma non c'è mai un equidistante e moralistico riconoscimento delle altrui ragioni: Marcelli ha fatto davvero la guerra e in questo senso il nemico è sempre lì, invisibile e spettrale ma spaventosamente pronto a sparare, ad atterrire, a uccidere. Le ragioni dell'avversario sono le medesime del parlante: il problema è, per tutti e due, riuscire a non farsi ammazzare; sono e rimangono sempre due mondi inconciliabili: e sta proprio qui tutto l'orrore della guerra. Dunque la conclusione non è quella che vincitori e vinti si abbracciano in un reciproco riconoscimento di valori e di colpe; alla fine l'urlo straziato e disperato del protagonista nel deserto di ghiaccio rimane una pagina di straordinaria efficacia: si tratta dell'ultimo tentativo di resistenza, quasi al di là delle possibili forze umane, dell'intelligenza contro la barbarie. E il messaggio è uno solo: la guerra, quella guerra, ha fatto perdere ogni dignità all'uomo.