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Homo incapsulatus
dal 16 Marzo 2019 al 25 Marzo 2019 - Segnalato da Giancarlo info:
Centro d’arte La Bitta
Dal 16 al 25 marzo 2019
Inaugurazione: sabato 16 marzo 2019 ore 18, Via Como 7 – Roma
Orario: 17,30 -20,00 (domenica esclusa)
Ingresso libero.
Per info:
tel. mob. 3389495871
Nell’osservare le opere di Francesco Giauna, improvvisamente mi è tornata alla mente la poesia dell’Imperatore Adriano, evocata, probabilmente, dalle piccole figure bianche e stilizzate protagoniste assolute della sua produzione artistica.
Il percorso artistico dell’autore si esplica, in questa mostra, attraverso la progressiva trasformazione del mondo: se nei primi lavori prevalgono le linee ampie e tondeggianti, ariose, simili a grandi vele che conducono le piccole “animule” verso una percezione del reale ottimistica e piena di speranze, nelle opere più recenti i contenitori rigidi e schematici, poco spazio lasciano alla fluidità del pensiero e del movimento, imprigionandole in un universo privo di emotività e umanità.
Il tema predominante in tutta la mostra sembra essere la ricerca ardua, e a volte impossibile, dell’individualità, ostacolata dalle trasformazioni avvenute nella società contemporanea, caratterizzate dalle mutate condizioni di spazio e identità, dalla progressiva perdita di senso di questi ultimi, e sempre di questi la crescente erosione del significato di spazio, dalla desolazione spirituale. Nella coercizione fisica a cui sono sottoposte le “animule” nei rigidi e squadrati contenitori, ritroviamo lo smarrimento, la perdita d’identità dell’individuo contemporaneo, derivanti dalla perdita programmata dei valori e dei significati dell’umano.
Nella visione di Francesco Giauna, l’uomo avverte sempre più lo straneamento da un ordine cosmico, mentre lo slittamento verso l’omologazione, sempre più evidente e inarrestabile, lo porta ad una progressiva negazione di tutti gli orizzonti di significato, ad una sorta di nichilismo.
Il bianco pervade in modo ossessivo l’opera dell’artista a testimonianza del senso di indeterminatezza e appiattimento dell’individuo che chiuso nel piccolo spazio concesso, in mancanza di un mondo in progressivo annullamento, può arrivare a sconfinare nei pericolosi e sempre latenti territori della follia.
Tuttavia, in alcune opere l’improvvisa e piacevole comparsa di colori sembra esprimere la ricerca di una vivacità, di una vitalità in grado di svolgere una funzione salvifica nei confronti dell’annichilimento delle passioni e delle emozioni.
Ed è nelle opere in cui è rappresentato l’avvilupparsi dei corpi, la fusione dell’uno nell’altro, la plasticità delle forme, che possiamo ritrovare la speranza, la possibilità di emancipazione dalla siderale e glaciale concezione di una società che tenta di trasformarci tutti in una massa indistinta di consumatori itineranti.